Il sipario di nuvole si apre sulla teatrale Parigi, etoile sensuale e volitiva, sempre pronta a danzare sulle punte per milioni di occhi ammirati.
Charlie se ne sta seduto su un’anonima poltrona del gate ormai deserto, lui su quell’aereo non c’è mai salito. L’incontro di sguardi, l’immediata intesa e di li a poco il suo destino sarebbe cambiato per sempre.
Incredulo, Charlie si trova sul volo per gli Stati Uniti, paese che non pensava davvero di visitare. L’approccio con l’America è immediato e cordiale, con sonore risate e marcata gestualità, gli americani sono straordinari untori del buon umore.
Dal finestrino del grande Suv, Charlie segue a perdita d’occhio le larghe ed interminabili strade diritte, sembrano morbidi nastri d’asfalto srotolati su sconfinati paesaggi dove da millenni il tempo scrive la storia del pianeta terra. Si diverte a contare i vagoni dei treni merci che sfilano sulle rotaie in aperto deserto, impossibile tenere il conto oltre i 70 convogli.
Con bandane in testa e barbe al vento, gruppi di harleysti cavalcano la Route 66 in sella alle potenti moto, i gilet di pelle con le frange spettinate lasciano scoperte le muscolose braccia marchiate a fuoco da sobri tatuaggi. I grandi camion con rimorchio sfrecciano nelle loro luccicanti livree, macinando estenuanti miglia in aperte praterie popolate solo da joshua tree, una specie di yucca coi rami protesi verso l’alto come se invocassero aiuto dal cielo.
Si susseguono panorami incredibili, cattedrali di pietra scolpite dal vento e dalla pioggia, grattacieli di minerali dai curiosi profili, archi naturali scavati dall’erosione. La pigmentazione colorata e brillante delle rocce si accende sotto i raggi del sole.
Charlie si affaccia sul Grand Canyon e ne percorre qualche sentiero, la vista del Colorado, piccolo laggiù in fondo, lo impressiona quanto l’apertura alare delle aquile che vi planano dentro, maestose creature che spariscono alla vista come fossero moscerini. Intorno regna il silenzio, solo il sibilo del vento che s’insinua tra le crepe del canyon, e nelle voragini profonde risuona ancora l’eco dei dinosauri. Miliardi di anni ripercorsi in un brivido lungo la schiena.
L’elicottero si stacca dal suolo, sorvola ettari alberati e poi all’improvviso si cala nelle profonde gole del canyon e Charlie, travolto da un turbinio di emozioni, non riesce a trattenere le lacrime. I pneumatici del suv solcano lo sterrato e una nuvola di polvere rossa si diffonde nell’aria.
I testimoni dell’erosione, le famose e imponenti guglie a forma di guantoni, dominano il pianoro della Monument Valley. Charlie si gira intorno inebetito da tanta vastità, sprofonda nell’impalpabile sabbia color paprica e ne avverte l’odore di ossido di ferro. Scene di film western gli passano davanti agli occhi mentre guarda l’orizzonte ed è grande la soddisfazione di essere li, nella terra dei navajos.
Le miglia percorse si accumulano cosi come le emozioni, strade e sentieri traghettano il desiderio di conoscere nuove realtà sempre più appaganti.
Nel suggestivo anfiteatro del Bryce Canyon, Charlie prende posto di fronte agli orchestrali, tali sembrano i fitti pinnacoli di roccia sedimentaria che il sole tinge di rosso, arancio e bianco. Ogni luogo fa di un tramonto uno spettacolo davvero unico da vivere.
Dalla panchina su Zabriskie Point la distesa di sale, del lago ormai evaporato, appare ancor più accecante incorniciata dalle montagne scure.
Fantasie e suggestioni fanno dell’arida Death valley uno spazio sconfinato ed ostico dal fascino sinistro che conquista anche Charlie. Lo scricchiolio del borace, minerale di natura vulcanica, accompagna i passi al centro della valle, il sole riscalda la pelle ormai salata e la sensazione di trovarsi su un altro pianeta diventa tangibile.
Nel paese dove tutto è grande, essere al cospetto del General Sherman Tree, lassù sulle cime fra le nuvole, ha per Charlie un valore molto speciale, con il suo volume pari a 1487 m cubi è l’essere vivente più grande del mondo. Da quasi 3000 anni questa sequoia vive l’alternarsi delle stagioni e il succedersi delle epoche, davvero impressionante!
Dalla California all’Arizona, dal Nevada allo Utah, Charlie diventa un cow boy nei paesini da far west che sembrano scenografie ricostruite per il cinema, diventa una pallina in un flipper tra i divertimenti di Las Vegas, diventa un maratoneta tra il Golden Gate Bridge e le sette sorelle, tra le salite e le discese di San Francisco.
L’aereo atterra sulla pista dello Charles de Gaulle di Parigi ma il viaggio di Charlie proseguirà con noi fino a Pisa.
Trovato su una poltrona dell’aeroporto francese, da cui appunto il nome, il gattino colorato ci seguirà nella nostra più grande passione, conoscere il mondo attraverso il viaggio.
Grande Charlie, sei uno dei gattini più fortunati!