Il profumo del tè alla menta invade il chiostro del riad e si arrampica su per le scale fino a stuzzicarmi il naso, tra le mura fresche della stanza color zafferano. Raggiungo in cucina Madame Fatima. Il vassoio, con i bicchierini colorati e la teiera consumata dal tempo, è appoggiato su una vecchia porta adibita a tavolino. Il tè di Madame Fatima è davvero speciale, come la sua contagiosa risata, il suo buffo gesticolare e le sue braccia energiche quando mi stringono.
Sorseggio lentamente la dolce bevanda bollente mentre i miei occhi si posano sui vasi in ceramica, sui piatti d’ottone battuto, sulle lampade di vetro colorato che pendono dagli alti soffitti. Nel riad si respira la familiarità di un tempo, un angolo d’intimità dove rifugiarsi. Il cortile a piano terra è baciato dai raggi del sole che entrano dalla sommità aperta della terrazza e la vernice azzurra delle balconate spicca sul bianco delle pareti.
Là fuori la vita frenetica del suq continua incessante con i suoi commerci, le piccole botteghe satolle di spezie, di ortaggi, di frutta. Gli asini carichi di menta avanzano facendosi posto tra i passanti e i motorini. I carretti col pollame stipato nelle gabbie procedono lenti tra la folla.
Cammino nei vicoli stretti circondata da una moltitudine di persone e cose e mi soffermo a guardare gli artigiani del legno, della pelle, mi muovo tra cataste di tajine e di tappeti inebriata dai colori e dagli odori. Assaggio datteri freschi, mandorle tostate, pasticcini ai pistacchi, vere prelibatezze servite su vassoi retti da braccia equilibriste protese verso l’alto.
La cucina marocchina con le sue influenze arabe, berbere e mediterranee, é una fusione di aromi che solletica il mio palato già avvezzo al cous cous e alle tajine ma qui scopre nuove alchimie di sapori e nuovi accostamenti. Montone, agnello, pollo, calamari, gamberi, lime, prugne, spezie, scoperchiare una tajine è come fare un’immersione di benessere per il corpo e per l’anima.
Tra le mura della medina distribuisco carezze ai gatti che aspettano la razione di cibo davanti ai banchi delle macellerie e delle pescherie, ai cuccioli che giocano tra i monili berberi, non sapevo che il Marocco fosse il paese dei gatti!
Indugio incuriosita davanti alle donne che impastano frittelle, davanti ai banchini di ceci lessati e di olive in salamoia, davanti ai cumuli di fichi d’India e grappoli d’uva.
Dalla vasta e folcloristica piazza Jemaa El Fna di Marrakech con gli incantatori di serpenti e i fumi delle grigliate a cielo aperto ai bastioni spazzati dal vento dell’Atlantico di Essaouira con i barconi che rientrano in porto col pescato, dai palmizi agli arganeti, mi sento a mio agio in questo paese che da tempo volevo conoscere e dove sicuramente tornerò per ritrovare i sorrisi e le strette di mano della sua gente calorosa e gentile, per rivivere la magica atmosfera di un caldo tramonto sulla terrazza di un riad, e per scoprire nuovi paesaggi e provare nuove suggestioni.
In poche parole hai descritto tutta l’essenza del Marocco…meraviglioso!
Grazie Alberto!
La densità di questo racconto ha placato il mio caparbio desiderio di viaggio… posso assaporare posti nuovi leggendovi… verrà il tempo di gustare tutto questo assieme! <3
Grazie Elena per le tue belle parole! Siamo certi che arriverà il tempo di gustarci qualche viaggio insieme.<3