Thailandia – Un viaggio tra natura, storia e religione
La scelta di fare un viaggio in un paese lontano dalla nostra cultura e storia non avviene mai per caso.
Il 26 dicembre 2004, come la maggior parte della popolazione mondiale, abbiamo seguito in tv la distruzione che lo tsunami stava portando nel sud-est asiatico, provando dolore per la morte di migliaia di persone e allo stesso tempo angoscia per chi rimaneva, si vivo, ma senza più abitazione o lavoro.
Contrariamente a quanto accadeva nelle agenzie di viaggio, valanghe di disdette addirittura fino ai mesi di marzo e aprile, abbiamo deciso di visitare la Thailandia,
principalmente per due motivi:
primo, conoscere la cultura orientale, e secondo, non meno importante, destinare il costo del viaggio ad uno dei numerosi popoli messi in ginocchio dal disastro naturale.
Abbiamo coinvolto con il nostro entusiasmo Sonia, la sorella di Silvia, e il suo ragazzo, che hanno deciso di condividere questa esperienza con noi.
Già dal mese di febbraio parte la macchina organizzativa, il nostro contatto in Thailandia è Carlo Collina, www.easysmile-thailand.com , un organizzatore affidabile e scrupoloso che vive in Thailandia ormai da più di dieci anni, aiutato da una altrettanto brava persona che è sua moglie, Mem, thailandese.
La nostra idea nel preparare l’itinerario era quella di vedere e conoscere il più possibile nei ventiquattro giorni destinati al viaggio, Carlo e Mem hanno cucito per noi un viaggio su misura, impegnativo ma molto suggestivo.
Un tour di poco meno di 3000 km, che, partendo da Bangkok ci farà visitare posti dove la natura esplode nella sua bellezza, vedere i resti delle antiche capitali, visitare i punti più importanti della religione buddista, e infine arrivare al confine con il Myanmar e Laos, dove si trova il famoso Triangolo d’oro, successivamente il soggiorno proseguirà con una settimana di mare e relax nell’isola di Koh Samet, nel Golfo di Siam, infine, gli ultimi quattro giorni dedicati a Bangkok.
Una nota curiosa riguarda il nome esteso della città, è il più lungo del mondo,
Krung Thep Mahanakhon Amon Rattanakosin Mahinthara Ayuthaya Mahadilok Phop Noppharat Ratchathani Burirom Udomratchaniwet Mahasathan Amon Piman Awatan Sathit Sakkathattiya Witsanukam Prasit,
il nome Bangkok è usato nelle relazioni internazionali, mentre i thailandesi la conoscono come Krung Thep, la “città degli angeli”,
un’altra particolarità che differenzia la Thailandia dal mondo occidentale è l’anno corrente, mentre nelle questioni internazionali viene usato il 2005, per le questioni interne la Thailandia è nel 2548, questo perché l’anno viene contato dalla morte di Buddha.
A marzo era già tutto stabilito e noi eravamo già in possesso dei biglietti aerei, procurati direttamente su internet. www.lufthansa.it , c’era solo da aspettare la partenza, il 6 agosto.
Le fasi di un viaggio non cambiano mai, c’è una preparazione, una realizzazione, e il “disfare le valigie”, per noi, ogni volta, la durata va ben oltre,
benché si viaggi con un solo zaino a testa, quando si torna a casa il bagaglio culturale e emotivo è enorme, e tutto mescolato.
Proveremo a tirare fuori tutto quello che siamo riusciti a portare via dalla Thailandia.
I paesaggi che la Thailandia ci ha offerto sono stati molteplici e suggestivi, e tutti diversi tra loro, dal mare alla montagna attraversando la pianura e le colline.
Nei diversi parchi che abbiamo visitato da sud a nord siamo rimasti incantati a guardare cascate di ogni tipo, potendo fare anche un bagno rinfrescante in alcune di esse, esperienza unica e irripetibile lasciarsi cullare dal dolce movimento dell’acqua con lo sguardo rivolto ad uno spicchio di cielo che sembra farsi posto tra le pareti della montagna ricoperta di alberi maestosi.
Il canto degli uccelli e lo scrosciare continuo della cascata avevano un effetto ninna-nanna, e si sognava di essere tra centinaia di pesci che venivano a stuzzicarti come per dire “SVEGLIA!!!”, ed era bello aprire gli occhi e trovarsi davvero circondati dai pesci.
Percorrendo con il minivan manciate di chilometri venivamo inghiottiti in paesaggi surreali, vette altissime ricoperte dai pini che fanno capolino tra le nuvole e la nebbiolina che avvolge ogni cosa, dove l’aria è piacevolmente fresca e pungente.
Le zone pianeggianti, che si alternano a quelle montuose ci hanno regalato altrettanti quadri naturali, distese di risaie, che in agosto sono di un verde accecante, poiché le piantine del riso sono già cresciute fino a formare un tappeto di velluto.
Coltivazioni di mais e tapioca si alternano a bananeti e campi di canna da zucchero, e all’ombra degli alberi sonnecchiano i capi di bestiame spossati dalla calura.
In tutte le regioni della Thailandia, da sud all’estremo nord, fanno bella mostra di sé infinite varietà di fiori coloratissimi e dai profumi inebrianti, ma è l’orchidea il fiore simbolo di questa terra, piccole, grandi, non si finiva mai di scoprirne di nuove.
Nella fitta giungla, dove tra l’altro abbiamo pernottato, abbiamo fatto lunghe passeggiate, talvolta su terreni resi scivolosi dal fango, ma, se pur con qualche cautela, ne è valsa la pena, e non potevamo certo perderci la passeggiata in groppa agli elefanti, animali intelligenti e simpatici, addestrati sin da piccoli al lavoro, e perchè no, anche al divertimento.
Vivono nella giungla con gli uomini da cui non si separano mai, in condizioni di semilibertà.
Ammirarli nel loro habitat è stato molto emozionante.
Un altro scenario che ci ha portato indietro nel tempo è quello goduto durante la navigazione del fiume Kway.
La long-boat, tipica imbarcazione lunga e stretta, sfreccia sulle acque ricche di pesce, affiancando mangrovie e rasentando cascate, nel silenzio assordante della natura.
Le rive del fiume sono abitate dai pescatori, che vivono in umili palafitte di legno senza corrente elettrica e senza alcun genere di confort, ma sicuramente il diretto contatto con la natura da loro tutto ciò di cui hanno bisogno, noi, schiavi della società consumistica non capiamo, o non riusciamo a capire, la loro immensa ricchezza.
Dopo aver fatto una overdose di verde, non ci resta che scoprire l’altra Thailandia, forse quella più conosciuta, quella che si affaccia sul mare.
Noi abbiamo scelto la parte del golfo di Siam, l’isola è quella di Koh Samet, in questo periodo è più riparata dai monsoni che soffiano sulla costa occidentale, bagnata dall’oceano indiano, inoltre è un’isola meno sfruttata dal turismo di massa.
Il bel tempo che ci accompagnato durante il tour ci ha seguito anche a Koh Samet, è un’isola rocciosa, con una spiaggia di sabbia fine come il borotalco e bianca come la neve, superfluo dire che l’acqua è cristallina e per di più caldissima.
Il mare è molto pescoso ed è possibile raggiungere la barriera corallina con la barca e fare snorkeling.
I giorni trascorsi sull’isola sono stati all’insegna del relax totale.
Quando si dice la varietà di un viaggio,
il full-immersion nella natura è solo uno degli aspetti, siamo rimasti affascinati anche dalla storia del popolo tailandese, visitando le vecchie capitali, con le rovine dei monumenti semidistrutte dalle guerre con i paesi vicini, guerre che la Thailandia ha dovuto combattere per restare una terra libera e indipendente, da qui il nome “Terra degli uomini liberi”.
L’antica città Ayutthaya è stata capitale della Thailandia dal 1350 al 1764, ed è stata una delle città più fiorenti dell’Indocina, tra le sue rovine si può ammirare il palazzo reale.
Poi la provincia di Sukhothai, le cui origini risalgono al 1238 ed è stata la prima capitale della Thailandia, oggi è stata inserita nel World Heritage Sites e dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco.
Spingendoci fino ai confini con il Myanmar, l’ex Birmania, ed il Laos abbiamo visitato il famoso Triangolo d’oro, chiamato così per il confine tra i tre paesi, e il fatto che le merci scambiate, in genere oppio, venivano pagate con l’oro.
Oggi il Re sta attuando un progetto agricolo perché le persone lascino la coltivazione e il commercio dell’oppio.
Qui abbiamo visitato villaggi sperduti nelle montagne, dove gli uomini vivono oggi di agricoltura e le donne sono esperte nell’arte del telaio, tribù variopinte che si distinguono tra di loro attraverso monili e tessuti coloratissimi.
L’economia della Thailandia è in gran parte legata alla fabbrica della seta, famosissima in tutto il mondo.
Ci sono seterie storiche che si tramandano di generazione in generazione, è interessante seguire la lavorazione della seta, dal baco che la produce fino al telaio che la tesse, la bravura dei tailandesi sta nel creare disegni e colori veramente particolari.
Il filo conduttore del viaggio, oltre alla seta, è stato senz’altro quello della buona, anzi, ottima cucina.
Non nascondiamo che prima di partire avevamo qualche timore dettato dal “sentito dire”, ad oggi siamo ben contenti di aver ignorato quei “sentito dire”, a noi la cucina thailandese è proprio piaciuta, naturalmente con qualche piccola eccezione, ma abbiamo assaggiato una varietà enorme di piatti, preferendone alcuni rispetto ad altri.
Oltre al gusto ci è piaciuta molto la varietà delle ricette, dovuta alla grande disponibilità di materie prime. L’arte nel preparare i cibi è una abilità innata, è vero che si mangia prima con gli occhi, e qui ne abbiamo avuto la dimostrazione, niente è lasciato al caso, ogni frutta e verdura è intagliata da abili mani e la disposizione finale è talmente perfetta anche nell’accostamento dei colori che dispiace quasi affondarvi la forchetta.
Un buon mangiare va accompagnato da un buon bere, e in Thailandia si può degustare una birra fantastica, la Singha, che non ci ha fatto rimpiangere il vino.
Capitolo a parte va dedicato alla religione, il 95% della popolazione è di religione buddista theravada.
Il paese è pieno di templi, solamente a Bangkok se ne contano duecento, tra i più importanti abbiamo visitato il Wat Trimit, dove si può ammirare il Buddha d’oro, 5500 kg di oro puro, il Wat Pho, all’interno del quale si trova il Buddha dormiente, 46 mt di lunghezza per 12 di altezza, il Wat Phra Kaeo, con il suo Buddha di giada, il Wat Arun, ed il Wat Benchamabophit, il tempio di marmo di Carrara, molti altri se ne trovano in tutto il paese, le stime parlano di circa 18000 templi, la caratteristica che notiamo maggiormente è lo sfarzo nella costruzione e nella decorazione degli stessi, dove prevalgono i colori vivaci e soprattutto l’oro.
Ogni particolare della costruzione ha un suo preciso significato, come il serpente, divinità che controlla il popolo al livello della terra, e con il suo corpo sinuoso indica la strada per il paradiso, e il Garuda, la divinità sotto forma di uccello, che controlla il popolo dal cielo.
Davanti alla maggioranza degli edifici thailandesi, pubblici o privati si vedono piccole pagode dove i thailandesi mettono continuamente offerte, in genere cibo e bevande, queste curiose strutture vengono costruite per chiedere il permesso agli spiriti, che hanno vissuto in quel luogo, di edificare e di stabilirsi al loro posto.
L’ultima parte del nostro viaggio è trascorsa a Bangkok, una metropoli di dieci milioni di abitanti, che vivono freneticamente svolgendo qualsiasi tipo di attività sotto una cappa di caldo umido appesantito dallo smog dovuto al traffico intenso e caotico, e alla rapida industrializzazione, per questo la gente si sposta dalle campagne verso la grande città per poter trovare quel lavoro che ormai è diventato difficile da trovare fuori.
I mercati di questa città sono decisamente folcloristici, quello galleggiante che avviene nei canali ogni week-end ci ha colpito in particolar modo per la sua originalità, sulle barche viene venduto di tutto, dai tipici cappelli di carta di riso alla frutta e verdura, è un’esplosione di colori e di odori.
Ovunque in città si trovano venditori ambulanti che cucinano su braci improvvisate e friggono qualsiasi cibo commestibile, si trovano inoltre lungo i marciapiedi anche calzolai, sarti e vari artigiani, un’attività che non si ferma mai, giorno o notte.
Tra i mercati notturni vogliamo segnalare quello dei fiori che merita una visita per ammirare le composizioni notevolmente curate.
Non siamo amanti delle grandi città, ma non potevamo esimerci dal visitare quella che è considerata la Venezia d’Oriente, la Bangkok dei canali e’ stata la parte più affascinante, popolata da persone che vivono nelle palafitte, noi l’abbiamo percorsa con le long-boat.
Il contrasto tra la Bangkok ricca, con i suoi grattacieli e enormi centri commerciali e accanto, la Bangkok povera, con le palafitte e le case in lamiera, è un contrasto che purtroppo si verifica sempre più spesso nelle grandi metropoli.
Abbiamo visto la gente lavarsi o lavare le proprie cose nel fiume, incuranti dell’inquinamento.
Fonte inesauribile di molte informazioni è stata la nostra guida, Chawalit, un thailandese che Carlo ci ha messo a disposizione per tutta la durata del tour fino a quando ci ha lasciato al porto di Rayong per andare sull’isola di Koh Samet,
Chawalit è stata una persona fondamentale per la riuscita del tour, con la sua profonda conoscenza della storia e della cultura thailandese e la sua enorme pazienza nei nostri confronti, rispondeva ad ogni nostra curiosità e soddisfaceva tutte le nostre “esigenze di shopping”.
Ad ogni nostro segnale di stop faceva fermare il minivan per poter scattare le innumerevoli foto, e cercava lui stesso spunti di immagini, avendo capito quale fosse il nostro interesse, aiutato dal simpaticissimo autista del minivan, Vittaya, che pur capendo ben poco l’italiano, e essendo molto riservato, ha tuttavia partecipato simpaticamente alle nostre ricerche.
Durante questo lungo viaggio abbiamo pernottato in resort e alberghi molto belli, semplici ma con tutto il necessario per poter trascorrere un ottimo soggiorno.
Vogliamo segnalarli dandone un breve giudizio, anche se nessuno di questi può averne uno negativo.
A Bangkok il Century Park hotel, un’hotel di 24 piani situato nella parte nuova della città, punto strategico per raggiungere molti punti di interesse con lo Skytrain, il trenino sopraelevato che attraversa buona parte della capitale.
Sul fiume Kway pernottiamo la prima notte al Resotel Khaneg Lawa, immerso nella giungla lungo il fiume Kway, molto suggestivo, nella nostra personale classifica si trova in testa a parimerito con l’ultimo resort del tour.
Rimanendo sul fiume Kway passiamo un’altra notte al Felix river kwai resort.
Ad Ayutthaya il Krungsri river.
Nel parco Khao Yai il Juldis Khao Yai resort.
Sull’altopiano del Khao Kho, il Sappraiwan resort, l’unico hotel dove abbiamo trovato una piccola pecca, nella qualità della ristorazione, questo però parlando con occhio decisamente critico e mettendolo in confronto le varie strutture che abbiamo visitato.
A Lampang il Lampang river lodge, in riva al fiume con dei deliziosi bungalow.
A Chang Mai abbiamo avuto l’unico cambio di programma dovuto allo straripamento del fiume e al conseguente allagamento dell’albergo situato nel centro. Grande merito va a Chawalit, la nostra guida che ha gestito la situazione con tranquillità e prontezza pensando subito ad un’altra sistemazione di pari livello, ma fuori dal centro allagato. Il Tarin hotel, un grande albergo con molti negozietti al suo interno e dove peraltro abbiamo mangiato molto bene, Tarin hotel.
Il pernottamento sulla montagna del Doi Angkhang è stato al Angkhang Nature Resort, dove abbiamo visto la più grande varietà di piante e fiori, probabilmente il meno facile da raggiungere ma molto bello.
I nostri bungalow erano in mezzo al verde e costruiti interamente in legno.
A Doi Mae Salong, indubbiamente in testa alla classifica insieme a quello sul fiume Kway, costruito anche questo in mezzo alla giungla ed interamente in bamboo.
In qualsiasi di questi resort abbiamo trovato la possibilità di praticare molte attività, tra le quali in rafting sul fiume e l’elephant riding, trekking nella giungla e passeggiate in bicicletta.
Chiudendo questa recensione non poteva mancare un ringraziamento a due cari amici, Carlo e Mem, che conoscevamo solo via internet da circa quattro anni, e che finalmente abbiamo avuto la possibilità di conoscere realmente. Sono persone molto in gamba che hanno fatto della loro passione un lavoro, hanno confezionato per noi questo tour decisamente fuori dagli schemi, unendo quello che normalmente viene offerto in più viaggi, un tour che in dieci giorni ci ha fatto fare molti chilometri, quasi tremila, deviando spesso da quelli che sono i normali flussi turistici, facendoci conoscere in questo modo angoli nascosti e non ancora raggiunti dal turismo di massa.