Quante volte mi sento fare la stessa domanda,
Gli USA hanno una estensione di 9.834000 kmq, circa 30 volte l’Italia, 301.338 kmq, e poco meno dell’Europa che è di 10.180.000 kmq, quindi direi che per visitarli tutti non basta un viaggio.
Ma lasciando da parte questi semplici dati direi che i motivi sono ben altri,
Fino al 2013 pensavo che gli States avessero poco da offrire oltre al Grand Canyon, Monument Valley e cibo spazzatura ma, dopo il primo viaggio, mi sono ricreduto e, soprattutto dopo aver visitato quella che viene indicata come la Real America, posso dire che gli States sono una realtà completa, dove è possibile fare un viaggio nel viaggio. Di paesaggi belli ne è pieno il mondo e già solo la piccola Italia ne ha una varietà invidiabile, quelli degli USA non sono migliori, sono solo unici.
Un trasferimento da una città ad un’altra, da un paesino ad un altro, da un parco all’altro, non è semplicemente il guidare dal punto A al punto B, ad ogni curva o dopo ogni collina dovresti fermarti per ammirare la vastità degli spazi, i colori dei paesaggi, ed il blu intenso del cielo, in questo devo dire che siamo stati anche piuttosto fortunati, in particolare nell’ultimo viaggio, tre settimane di sole splendente e temperature durante il giorno che andavano dai 25 ai 32 gradi, pur avendo visitato nove stati.
Ogni stato offre un suo paesaggio particolare, dalle rigogliose montagne alle sconfinate praterie dell’Oregon, del Wyoming e del South Dakota, ai colori incredibili delle rocce dello Utah e del Colorado, agli ampi spazi del Nevada.
E ogni stagione offre scenari differenti nello stesso posto, ad esempio la Monument Valley, tra Arizona e Utah, in primavera è verde e rigogliosa, in estate è rossastra e arida, in autunno è fiorita di giallo, in inverno è facile vederla innevata (sfidando le temperature rigide, prima o poi anche io riuscirò a vederla imbiancata!)
Per quelli della mia generazione, classe 1967, gli States si rivelano spesso un viaggio cinematografico nel tempo, all’autonoleggio diventi Marty McFly con la DeLorean di Emmet “Doc” Brown (Ritorno al futuro), nei diners ti aspetti che Arnold (Happy days) venga a prendere l’ordinazione, tra l’altro nei diners si mangia bene spendendo il giusto, come si mangia molto bene nelle steakhouse, una in particolare è il Big Texan Ranch, vicino Amarillo, Texas, locale famoso per la sua 72oz steak (bistecca da 2 kg), se riuscite a mangiarla in un’ora non la pagate, questo è uno dei locali che si possono vedere nei films, interni rigorosamente in legno, camerieri e cameriere vestiti da cowboy e spettacoli improvvisati, anche se bisogna ammettere che il posto è molto conosciuto e turistico, percorrendo i quartieri delle città in California pensi di vedere uscire dal vialetto di casa il furgone Volkswagen della famiglia Bradford, per le strade isolate delle campagne nel South Dakota ti immagini che da una strada sterrata laterale possa uscire la carrozza con la famiglia de “La casa nella prateria”,
oppure ti trovi all’ora di pranzo, dopo tante miglia di strada deserta sulla HWY50, chiamata anche “Loneliest highway in America”, ad una deviazione con l’indicazione “Middlegate”, e non è altro che una pompa di benzina, qualche rottame di auto e carrozze e una costruzione in legno con la scritta “open” alla finestra, entri dentro e trovi personaggi che fino a quel momento hai visto solo nei films, mandriani con il cappello da cowboy, camicia a quadri, o bianca con gilet di pelle, jeans e stivali di cuoio.
Sei nello Yellowstone e ti trovi davanti una mandria di bisonti, e ti immagini come doveva essere quando ci abitavano i nativi, gli indiani d’America, prima della colonizzazione.
Guidando sulle highway americane, lunghe e dritte che non ne vedi la fine, incroci le moto e ti immagini di vedere Dennis Hopper e Peter Fonda in Easy Rider, poi li trovi fermi al distributore o davanti ad un locale e sono personaggi ancora più caratteristici di quelli dei films.
Un’altra delle cose che colpisce subito percorrendo le strade è il numero delle auto anni 50 in circolazione, perfettamente restaurate e funzionanti, insieme alle hot rod improbabili e agli enormi pickup modificati.
Mi è stato detto anche che la cordialità degli americani è finta, il loro sorriso è tutta apparenza, soprattutto nei negozi e nei locali, per loro sei solo un cliente.
Bene, se così fosse, preferisco la finta cordialità alla vera faccia rabbiosa da ciabatta in molti dei nostri locali che quando entri sembra che tu dia fastidio.
La gentilezza l’abbiamo incontrata per strada in tutti gli stati, quindi senza alcun tornaconto.
Il sorriso è molto più diffuso che da noi, il saluto, anche fra sconosciuti, è normale, anche nelle grandi città come NYC, e all’inizio devi farci l’abitudine ma dopo poco diventa anche per te la normalità, e saluti chiunque incroci con lo sguardo.
Un altro viaggio in America? Si.