Yucatan
là, oltre la giungla.
ottobre 2007
In un paese lontano, chiamato Messico, si trova uno stato, lo Yucatan, che sembra non abbia altro da fare che aspettare i viaggiatori vogliosi di avventura, pronti ad esplorare ogni suo più recondito angolino.
L’aria che si respira è avvolta da un alone di mistero che si appiccica addosso insieme alla soffocante umidità, bastano veramente pochi istanti per sentirsi risucchiare da un mulinello di emozioni che ci divorerà piano piano.
La natura imponente e prepotente si manifesta sotto molteplici forme, dal sole rovente alla pioggia battente, dall’albero secolare, da cui si estraeva la gomma da masticare, alle gigantesche piante dove trovano riparo enormi insetti. La giungla fitta, rigogliosa e a tratti impenetrabile, ricopre quasi a soffocarlo l’intero territorio dello Yucatan, ingoiando villaggi e strade, nascondendo tesori preziosi che ancora oggi nessuno ha mai visto. Le maestose piramidi in pietra sovrastano la ricca vegetazione, sono lì da secoli sfidando gli innumerevoli uragani che si abbattono violenti su queste terre. Quelle piramidi sono lì forti e indistruttibili a testimoniare l’esistenza di una grande civiltà, di un grande popolo anch’esso indistruttibile: i Maya, dai quali discendono gli abitanti dello Yucatan. Ne conservano, oltre ai caratteri somatici come la bassa statura, la fronte sfuggente e le grosse orecchie a sventola, anche le semplici abitudini, oggi come allora vivono in capanne rialzate da terra, per non finire allagate durante le alluvioni e dove, al loro interno, non può mancare un’amaca per oziare intere giornate. Come i Maya di un tempo anche oggi consumano cibi genuini, cucinati con metodi semplici, carne e pesce alla griglia, fagioli lessati e tortillas fatte con farina di mais, e proprio il mais è l’alimento base della dieta messicana, peraltro, secondo i Maya sembra che l’uomo abbia trovato le proprie origini da una pannocchia di granturco.
Nella sconfinata giungla si celano una infinità di grotte e caverne, in molte delle quali si può scendere per ammirarne l’interno. Un tempo queste cavità davano rifugio sia a persone che ad animali, non è infatti difficile trovare al loro interno resti di scheletri appartenuti addirittura ai mammut. La gran parte di queste grotte presenta grosse aperture nella parte superiore e pozze di acqua dolce nella parte inferiore. Quando i raggi del sole filtrano dai grandi buchi vanno giù dritti nella profondità dell’acqua, dando vita ad uno spettacolo di luce e di ombre, che solo i cenotes, così si chiamano questi buchi profondi, possono offrire. In molti cenotes è possibile fare anche il bagno poiché l’acqua è pulita e gradevolmente fresca, e i più temerari possono ammirarne anche i fondali facendo immersioni con maschera e pinne.
Là dove la giungla allenta la sua morsa si aprono placide lagune fitte di mangrovie, popolate da numerose specie di uccelli e da sonnecchianti coccodrilli. Navighiamo con una barca cercando di non disturbare troppo il sonno di queste preistoriche creature e arriviamo nel cuore della laguna dove vivono i fenicotteri rosa. A motore spento ci lasciamo trascinare, e in un silenzio assordante possiamo finalmente vedere questi aggraziati pennuti nel loro habitat naturale. L’alba magicamente pennella ogni cosa, e mentre scattiamo le nostre foto, anche noi diventiamo protagonisti insieme ai fenicotteri rosa di un magnifico acquerello.
Una distesa di sabbia bianca e morbida come farina per fare dolci, si getta nelle calde acque del mar dei Caraibi: la riviera Maya non può lasciare indifferenti. Trascorriamo intere giornate a crogiolarci al sole come ci hanno insegnato le iguane incontrate ovunque durante il viaggio. Passeggiamo in riva al mare tra rumorosi gabbiani che litigano per aggiudicarsi un pesce e instancabili pellicani che si tuffano per pescare.
Come ogni sera ammiriamo il tramonto, e quello di stasera è davvero speciale, il cielo sopra di noi è colorato come un poncho messicano, e la luna è tonda come un grosso sombrero, là, oltre la giungla, c’è tutto un mondo da scoprire…
Silvia